Scrittura e parabole: dialogo con Maria Elena Mignosi Picone.

scrittura e parabole dialogo con maria elena mignosi picone

Nel 2006 ha pubblicato Luce e Calore. In Dio verità, bontà e bellezza, nel 2009 Concerto. San Josemaría Escrivá artista della vita e Frammenti di Vita, la sua prima raccolta poetica. Nel 2012 raduna tutti i suoi scritti in Sinfonia dello Spirito (Edizioni Thule, Palermo 2012) e prossimo alla pubblicazione è un altro volume di liriche dal titolo Finestre del cuore. Maria Elena Mignosi (nella foto), scrittrice palermitana ed ex docente di lettere, nipote del celebre scrittore e filosofo palermitano, Pietro Mignosi, direttore de «La Tradizione», mossa da una fortissima fede, vive e scrive seguendo un'unica rotta, quella che Dio ha tracciato e continua a tracciare nel suo cammino. I suoi scritti in prosa e in versi sono due facce di una stessa medaglia, si rivestono dello stesso stile, semplice, piano, candido. La parola lieve si affida alla pagina per offrire un catechismo a chiunque voglia lasciarsi trasportare dal messaggio di Dio, il suo "parlare in parabole" è la diretta conseguenza del suo lavoro di insegnante e di catechista, per l'appunto, il frutto di anni di esperienza in cui la semplicità e la chiarezza espressiva risultavano fondamentali. Incontrarla significa trascorrere qualche ora in serenità, la stessa che traspare docile dal suo volto semplice, di umile sguardo, la stessa calma che, secondo il suo sentire, gli è donata da Dio; parlare con lei per la prima volta è come incontrare un'amica di lunga data, una mamma, è come rivedere la nostra insegnante di elementari, quella che più di tutte ricordiamo, quella che con severa maternità ci ha accolto nel grembo del mondo extra familiare: «Sono diventata scrittrice quasi per caso – ammette Maria Elena Mignosi – quando tenevo dei corsi di catechismo per adulti. Le mie parole hanno fatto breccia su tante persone che mi hanno supplicato di raccogliere i miei insegnamenti. Non so ancora, però, se giudicarmi scrittrice. Io, nella vita così nella scrittura, sono uno strumento nelle mani del Signore. Ho insegnato per tanti anni e fatto catechesi a grandi e piccoli. Adesso non giudico il mio compito terminato e così scrivo affinché le parole che Dio mi detta possano ancora risuonare nel cuore di chi vuole».

Lei, signora Mignosi, ha una fede in Dio davvero prorompente e che sembra avere radici lontanissime. E' dunque qualcosa radicato in lei e che mai la ha abbandonata?

In realtà non è proprio così. Il mio cammino di fede ha conosciuto anche momenti particolari, ma tutti funzionali a rendere oggi la mia fiducia nel Signore totale. La mia famiglia è sempre stata molto religiosa, ma dopo le scuole medie, che ho frequentato presso una scuola cattolica, al liceo mio padre volle trasferirmi in una scuola pubblica, lui che si era parecchio avvicinato agli ideali comunisti e allontanato dalla Chiesa. Frequentai il liceo classico Garibaldi e anch'io mi feci affascinare dagli ideali comunisti. Non vedevo in quelle dottrine nulla di violento, ma bastò per allontanare anche me dalla Chiesa e dalla religione. Dopo che trascorsero parecchi anni dal mio diploma, incontrai una vecchia compagna del Garibaldi che mi fece conoscere l'Opus Dei e che mi ha riportato sulla via del Signore. Era proprio una vecchia compagna di quella scuola a cui mio padre mi aveva iscritto per farmi allontanare dalla dottrina cristiana. Coincidenza? No, non credo nel caso e nelle coincidenze. E' stato tutto un meraviglioso disegno del Padre che ha voluto mettermi alla prova, farmi provare la mancanza di fede per poterla, adesso, apprezzare maggiormente.

Dunque adesso per lei la fede cosa rappresenta, se dovesse esprimerlo in poche parole?

La fede in Dio è tutto per me, è il terreno che calpesto, ciò che mi fa stare in piedi.

Perché ha trovato nell'Opus Dei e nell'insegnamento di San Josemaría Escrivá il suo approdo?

San Josemaría mi ha riportato alla mente mia madre. Lui diceva di tradurre la nostra vita in endecasillabi, di cantare la nostra esistenza; mia madre dipingeva, disegnava la realtà circostante, ciò che vedeva attorno e subito dopo metteva in musica, con il pianoforte, quel dipinto. San Josemaria mi è apparso come la figura di mia madre e, inoltre, nel suo predicare ho conciliato i contrari della mia vita, ogni incongruenza è divenuta unità, ogni singola voce si è trasformata in sinfonia. Per questi motivi lui rappresenta per me un Concerto, da cui il titolo del libro che dedico alla sua figura e al suo insegnamento.

Lei è divenuta, ammette, scrittrice quasi per caso. Ma adesso che si è affermata in questo campo e che ha ricevuto diversi premi, cosa rappresenta scrivere?

Scrivere per me è gioia, inno alla Bellezza e a Dio, è urgenza, è liberare la mia anima. Per questo motivo, non appena ho in mente un'idea, una poesia, mi metto a scrivere immediatamente, per affidare alla pagina, senza indugio, questa mia impellenza.

E la poesia? Saprebbe definirla?

Io la poesia la paragono al sogno. E' involontaria così come il sogno, viene da sé, in ogni momento, indipendentemente dalla cultura di ognuno. Per me è ispirazione, è ispirata da una grande emozione. Ad esempio, la prima poesia che io ho scritto è per la nascita della mia nipotina: un'emozione unica, di cui ho subito sentito l'urgenza, la necessità di trasferirla sulla pagina e mi sono ritrovata a scrivere di getto, come se qualcuno dettasse. E' un dono divino, è una folgorazione che rielabora ogni sedimento della persona, ogni frammento della realtà e che improvvisa esplode. Adesso mi sento come una affacciata alla finestra che guarda la propria vita.

Giuseppe La Russa - 11 gennaio 2013

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