In questo libro dal titolo "L'accanimento terapeutico", l'autore Salvino Leone, medico e teologo, studioso di bioetica, pone l'accento oltre che sulla dignità della vita anche sulla dignità della morte. Talora la morte non è subitanea ma, una volta che colpisce l'uomo, lo avvia, gradualmente, al distacco definitivo e irreversibile. Ma se irreversibile è il decesso non lo è meno il periodo che può durare anche giorni, in cui il malato, già entrato in un'altra dimensione, si trova sospeso tra due mondi, il naturale e il soprannaturale. Ma in questa fase così delicata, unica per ciascuno, lo stesso malato vuole essere lasciato in pace e ne ha tutto il diritto. Ecco è qui il nucleo della questione: accanirsi, con ricoveri in ospedale, esami clinici, prove diagnostiche, non tralasciando quel che certamente non si può negare, e cioè l'acqua e il cibo, accanirsi, dicevamo, è senza alcun dubbio moralmente illecito.
L'accanimento terapeutico che, osserva l'autore, sarebbe meglio designare con il termine "clinico", rappresenta una stravolgimento di valori ed è espressione erroneamente legata alla vita, intesa in maniera superficiale senza alcuno spiraglio verso una visione soprannaturale, ed è frutto, aggiungiamo noi, di angustia e grettezza di sentire oltre che di grande presunzione quando miri a criticare e condannare chi non lo accetti. "La vita è valore fondamentale ma non assoluto, subordinato…ad altri valori superiori come …il proprio bene spirituale." (p.26) La "vita morente" va rispettata. "il bene della persona consiste nel morire in modo umano, possibilmente a casa propria e circondato dall'affetto dei propri cari." (p. 22) "…se la dignità della vita richiede di non abbreviarla o sopprimerla, la dignità della morte esige che gli ultimi giorni siano vissuti in modo sereno e non traumatico." Diversamente "il paziente finirà i suoi giorni in ospedale, in un ambiente che lo separa dall'affetto dei suoi e dal loro accompagnamento alle soglie della morte, circondato da apparecchiature e strumenti meccanici." (p. 7)
Salvino Leone spiega come questa impostazione rispecchi il pensiero della Chiesa e cita anche la "Carta degli Operatori Sanitari" del 1995, elaborata dal Pontificio Consiglio per la pastorale della salute dove si afferma: "Il diritto alla vita si precisa nel malato terminale come diritto a morire in tutta serenità, con dignità umana e cristiana" in modo da "vivere umanamente e cristianamente la morte e non rifuggirla ad ogni costo." "Questo diritto è venuto emergendo" per proteggere l'uomo nel momento della morte "da un tecnicismo che rischia di divenire abusivo." (p.41)
"La morte contemporanea è troppo spesso una morte disumana. E' una morte che non ha per protagonista l'uomo, ma la macchina… E' una morte senza volto…E' una morte vuota."(p.102) "La morte avrà un volto umano solo se l'uomo saprà guardare con coraggio e serenità a quella falce che recide, certo, ma prelude a una nuova vita." (p.103) "Dio non si riprende il dono della vita che ci ha dato, ma ce ne dona un altro, quello della morte…All'uomo non è tolto un bene ma ne viene aggiunto un altro, persino più grande, che gli consente l'ingresso in una vita beata."(p.98) "Una morte che non fa un rassegnato riferimento alla volontà di Dio ma diventa espressione di un suo dono, e appare come misteriosa espressione della sua bontà." (p.102) e così "Se l'eutanasia e rifiuto del dono della vita, l'accanimento terapeutico appare come rifiuto del dono della morte." (p.102)
L'autore, inoltre, tratta di alcune problematiche specifiche connesse alla questione dell'accanimento terapeutico, e cioè, la proporzionalità delle cure, lo stato vegetativo, il testamento biologico, addentrandosi nell'esame delle diverse tipologie morali e nel ruolo dei Comitati etici.
L'esposizione dei problemi è condotta in maniera chiara, consequenziaria, quasi scientifica , ma non manca una sentita compartecipazione umana, sicura professionalità, e visione spirituale che affonda le radici nella verità.
Maria Elena Mignosi