La donna africana. Potrebbe essere questo il tema del libro di Enzo Barnabà "Il ventre del pitone" con prefazione di Serge Latouche, esperto conoscitore del continente.
E' una storia vera e la protagonista Cunegonda è narrata nell'arco della sua esistenza dall'infanzia alla giovinezza, sin da quando era bambina e poi donna e madre.
Dopo un'infanzia felice e ricca d'affetto, vede il disgregarsi della sua famiglia, la disunione tra i genitori e la dispersione dei fratelli.
Da questo dolore inizia un'esistenza per lei appena adolescente di indicibili difficoltà e sofferenze: il distacco dai familiari e dalla propria gente, gli spostamenti in condizioni a dir poco disumane per un continente dalle intricate foreste, dalle savane roventi, dal clima ostile alla sopravvivenza e oltre a tutto ciò, le vicende sconvolgenti di guerre fratricide, di dittature spietate con spropositate ricchezze da un lato e la miseria e la disperazione dall'altro. E ancora lo sfruttamento fisico e morale della donna ridotta così in schiavitù.
Queste le circostanze, questo l'humus di tante esistenze per cui la salvezza della vita
è già il più alto traguardo: la sopravvivenza è tutto. Comunque poi sia la vita.
Esistenze allo sbaraglio.
Proprio per questo non manca la solidarietà nella gente africana, quella più povera, e il pur minimo che c'è si divide col vicino. E neanche la sollecitudine, la affabilità e il dialogo. Il senso della fraternità è reso più vivo dalla ostilità della natura e anche dalla cupidigia e dalla lotta di etnie. E ci si difende e ci si appoggia immediatamente gli uni agli altri in uno sforzo immane contro i pericoli e i rischi.
Certo l'Africa di oggi non è quella di ieri: è migliore nel senso che la donna africana ha acquisito maggiore consapevolezza di sé e della sua dignità; ma è peggiore anche proprio per l'uomo bianco che con il suo avanzato progresso specialmente nella tecnologia stimola sempre più l'uomo nero e lo spinge verso il continente europeo che appare per il nero come un miraggio. Ma il miraggio, magari dopo un po', si fa trauma e allora poi il ritorno.
Il libro dal linguaggio piano e scorrevole è molto realistico e crudo; coglie dell'esistenza con il bene e il male che la caratterizza anche il bello e il brutto e soprattutto più il brutto che il bello considerato il contesto difficilissimo dell'Africa nonché anche attualmente il contesto abbastanza difficile pure per altro verso della nostra Europa che è diventata nell'accoglienza aperta al nero come il ventre del pitone.
Maria Elena Mignosi