Mistretta Giuseppa - Lettera a Corleone

"Lettera a Corleone" è il libro di Giuseppa Mistretta imperniato, come si evince dal titolo, su Corleone che è il suo paese di nascita dove ella ha vissuto fino all'età di dieci anni. La scelta del titolo dove figura la parola "lettera" ci riporta all'idea della notizia: con la lettera in genere si annuncia una novità, e in effetti l'autrice una novità la apporta con questo suo libro. E qual è? Corleone, come tutti sappiamo, ha una triste fama, quella di paese di mafia. Ora la novità sta nel presentarlo invece sotto un aspetto diverso, un paese di gente onesta. Prendiamo l'avvio da alcune sue affermazioni: "I pochi malavitosi erano solo una minoranza di tutti gli abitanti di Corleone, la maggior parte delle persone erano invece brava gente, onesta, lavoratrice, ed io ne sono orgogliosa". E' un gesto, questo suo, veramente nuovo, che ribalta il giudizio negativo diffuso che sconfina nel pregiudizio qualora si estenda alla cieca a chiunque sia di lì senza che neanche lo si conosca. La scrittrice rievoca la sua infanzia a Corleone permeando la narrazione di un sentimento di tenerezza, così dolce e sentito da rivolgersi all'intero paese come fosse una persona. Lo possiamo osservare questo sin dalle prime parole del libro: "Caro, povero paese mio! Per colpa di alcuni figli tuoi sei conosciuto in tutto il mondo come il paese dei mafiosi e dei delinquenti. Sì, lo so che sono stati uomini che hanno fatto del male a tanta gente e continuano a farne, ma tu non ne hai colpa". Ecco, è proprio la condanna dell'innocente, dettata dal pregiudizio, che è la sofferenza profonda dell' animo di Giuseppa Mistretta che allora prende la penna per gridare al mondo l'ingiustizia che commette nel fare di tutte le erbe un fascio, senza alcun discernimento. Il suo animo si rattrista di questo, ma gioisce nel ricordo di tanta gente benevola: "Ecco perché il mio cuore piange quando sento dire che Corleone è il paese dei mafiosi, io lo conosco davvero e so che è il paese delle persone buone, generose, laboriose, caritatevoli e religiose ed è giusto che tutti lo sappiano". E' proprio lì, a Corleone, che fiorisce il germoglio della vita futura di Giuseppa Mistretta, è lì che si scavano i fondamenti delle sue inclinazioni, delle sue realizzazioni, di tutto il suo essere come persona: insegnante, catechista, madre di famiglia; donna devota e generosa, ricca di affettuosità e di carica umana. Ce lo confermano le sue stesse parole che rivolge al suo paese; "Questa vita vissuta con te mi ha insegnato a saper stare con gli altri nel corso della mia vita e nella carriera. Mi ha insegnato a saper aiutare la gente bisognosa seguendo l'esempio di mia madre, a saper collaborare per il benessere di chi mi circonda e della società di cui faccio parte". Una vita, quella vissuta nell'infanzia a Corleone, e poi quella vissuta da lei in seguito al di fuori del suo paese, improntata tutta a valori intramontabili quali la fede, la famiglia e il lavoro. A Corleone sboccia pure, forse in lei ancora a livello inconsapevole, la sua inclinazione alla scrittura che presuppone uno spirito contemplativo. Ed è proprio dalla finestra della camera da letto della sua casa di Corleone, che ella amava affacciarsi per contemplare il paesaggio naturale che le si apriva dinanzi. Anche la gente del suo paese aveva notato questa sua aria assorta e astratta: "Tutti mi chiamavano -confessa- "la sognatrice" oppure "l'addormentata nel bosco"". Presagio sicuro di scrittrice, come in effetti è divenuta in seguito. E nella contemplazione non le sfuggivano tutte le meravigliose trasformazioni della natura nell'alternarsi dei giorni e delle stagioni; ne sapeva cogliere tutto l'incanto, anche quando si recava in campagna o per le faccende cui badava la madre, quali il bucato che le donne facevano, riunendosi insieme, presso il ruscello, o nei lavori dei campi, come la vendemmia, quando esse andavano ad aiutare i loro mariti. Il suo spirito, incline interiorità e alla devozione, si sarà formato, oltre che sull'esempio della famiglia, anche sulle tradizioni religiose del paese, i riti, le processioni. Sta proprio lì, a Corleone, dunque, il crogiolo in cui si è forgiata la sua anima. Ora, nel presentare la gente del suo paese non come gente malvagia ma come gente buona, Giuseppa Mistretta però non cade nella idealizzazione scevra di realismo; infatti ella non evita di cogliere anche le debolezze e fragilità che fanno parte inevitabilmente dell'essere umano, e che rientrano nella normalità delle cose; nessuno è perfetto e ovunque c'è il bene e il male. La scrittrice non chiude gli occhi dinanzi alla realtà nell'intento di rivalutare il suo paese, non ci presenta una visione idilliaca, anche se per chiunque la rievocazione dell'infanzia è quasi sempre avvolta in una sfera di incanto, di suggestione. E' un periodo magico, dorato, e sempre rimane per tutta la vita. Ma, pur se l'atmosfera del libro è impregnata di bellezza, di bontà, di onestà, questa in effetti era la vita reale che vi si conduceva, non c'è nessuna idealizzazione. Era bella di per sé. Nel ricordo dell'autrice, come nella realtà dei fatti, la maggior parte della gente era brava e laboriosa: "Uomini che amavano la famiglia e la terra, contadini che stavano al sole e all'acqua, per terminare il lavoro iniziato, tenaci, responsabili rispettosi, onesti, e non certo mafiosi". Che non possa presentarci una panoramica bucolica e surreale, è dato anche dal fatto che il periodo di cui tratta la nostra scrittrice è quello della prima metà degli anni Quaranta, ed era il periodo della Grande Guerra, della Prima Guerra Mondiale. C'era la fame, la miseria, l'assalto ai vagoni ferroviari quando venivano distribuite le derrate alimentari, i soldati feriti che venivano medicati dalla gente del luogo, i bombardamenti aerei. Non era certo un periodo facile e spensierato. Eppure si avverte nell'opera di Giuseppa Mistretta un sereno distacco che fa sì che non si senta il peso del dramma e della tragedia, pur nella compartecipazione al dolore altrui. Allora, in conclusione, possiamo affermare, sulla scia della sua opera, che la gente di Corleone non è tutta mafiosa, ma la maggior parte è gente onesta e buona. Ma noi potremmo concludere pure che è gente oltre che buona anche eroica perché ha saputo essere onesta pur nella povertà e felice pur tra i bombardamenti! Tutto il contrario di quel che si verifica oggi. E non manca il paragone con i tempi attuali nel libro di Giuseppa Mistretta, lo sguardo alla condizione della gioventù, che appare come sbandata e senza orientamento. C'è allora in lei l'accorato invito a recuperare i valori del suo tempo per migliorare anche la società odierna.

Maria Elena Mignosi

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