Maria Elena Mignosi - Finestre del cuore

finestre del cuore

Figura poliedrica, Maria Elena Mignosi Picone, palermitana, dotata di salda cultura letteraria, matematica, musicale e teologica, è stata docente in varie scuole statali, ha pubblicato i saggi Luce e calore. In Dio verità, bontà e bellezza; Concerto. San Josemaria Escrivà artista della vita; Quercia. La magnanimità nell'opera e nella figura di Tommaso Romano; e una raccolta di poesie, Frammenti di vita: opere poi raccolte in un organico volume dal titolo Sinfonia dello Spirito (Thule 2012). Gratificata di diversi riconoscimenti e premi (tra i quali il Premio Letterario Internazionale "Opere d'autore 2011-2012), collaboratrice di prestigiosi periodici, impegnata in numerose iniziative culturali, tra cui quelli organizzati dall'"Ottagono letterario" sulla figura del filosofo Pietro Mignosi, del quale è nipote, e quelli legati al "Premio Internazionale Pietro Mignosi", si segnala per lo spaziare della sua opera dal saggio alla poesia, dalla recensione alla critica. A lumeggiare adeguatamente la sua personalità, vale l'intervista da lei rilasciata a Giuseppe La Russa su "Internet": La Mignosi dichiara, tra l'altro, di essere divenuta scrittrice quasi per caso, quando teneva dei corsi di catechismo per adulti, che le hanno richiesto di pubblicare i suoi insegnamenti. Illustra, altresì, l'azione rinnovatrice del suo spirito e della sua vita esercitata da San Josemaria Escrivà, che esortava a tradurre la propria vita in endecasillabi, a cantare la propria esistenza. Si definisce, nella vita come nella scrittura, "strumento nelle mani del Signore". E confessa che, per lei, scrivere è "gioia, inno alla Bellezza e a Dio, è urgenza", è liberare la propria anima. Non senza ragione, quindi, La Russa afferma che la Mignosi, "mossa da una fortissima fede, vive e scrive seguendo un'unica rotta, quella che Dio ha tracciato e continua a tracciare nel suo cammino". Perfettamente coerente con questa poetica appare la sua più recente silloge lirica, Finestre del cuore (Thule), adorna delle fini e delicate illustrazioni policrome di Marianna Sesta. Quanto mai vario ne è il contenuto, che abbraccia, in un ampio arco, opere, giorni e personaggi della sua vita. Ella, in ossequio a un'esigenza di ordine, sentita in armonia con la sua attività di docente e di catechista, divide la materia - già suddivisa in tre parti- in 15 comparti, i cui temi vanno dall'infanzia alla parentela, dalla vita del quartiere alle esperienze morali ai paesaggi agli affetti alla poesia, fino alla sublimità, a loro volta rispettivamente distinti in singoli lacerti lirici. E la narrazione di ogni momento e la descrizione di ogni sentimento o personaggio affida ad uno stile semplice, limpido, piano, riflesso di un mondo interiore sereno e pacificato con se stesso. Un delizioso candore pervade, così, i versi del primo comparto (Infanzia), ove risalta, con la figura di Fra fortunato dalla "lunga barba bianca" e quella di Enrico Medi contemplante "estasiato il paesaggio", l'ardore dell'Autrice per la musica, coronato dalle lezioni impartitele da un'insegnante, fonte di grande gioia: "passavo ore ed ore / al pianoforte estasiandomi / e immaginando sempre / attorno a me un gran pubblico…" Un vivo senso plastico anima la successiva serie di ritratti di familiari: dai Nonni "Ciciddu" e Nenè a zio Pietro, da lei non conosciuto ma sentito sempre a lei "congeniale", e ammirato per la molteplice attività letteraria, di romanziere, poeta, critico; dai nipoti, raffigurati con fine gusto visivo e cromatico, come la nipotina Giulia, "occhi verdi, rosea la carnagione". Segue il catalogo delle amiche: "un incontro di cuori / accomunati dal comune amore / del Signore", dalla soave Angela ad Anna dal viso "bello e radioso / di persona che d'amore / ha sempre vissuto", a Conchita a Francesca a Gina a Mela ("ventenne fiorente e rigogliosa") a Pina B (con la quale il dialogo è "messaggio dal cielo") a Pina C (la cui bellezza "sta tutta/ nella sua interiorità") a Rita a Rosadele ("chiara fresca radiosa / responsabile e operosa") a Rosy. Il tono colloquiale, "medio", persiste anche nelle liriche dedicate alla vita del quartiere e ai suoi personaggi, come la signora Rosa ("rigogliosa e forte, / e dei fiori / ha la bellezza della rosa") e la farmacista Emilia ("sa inoltre / mirabilmente fondere / gentilezza e severità / perfezione e sobrietà / cortesia e serietà", non senza aprirsi ad una lode soffusa di religiosità per operai e artigiani: "il Signore vi benedice: operosi nell'oscurità / voi siete il sostegno della società". Una più lunga e variegata serie è consacrata alle Esperienze: severa e plasticamente esplicita è la riprensione dei vizi più diffusi: avidità, cupidigia ("case terreni / ville poderi / pellicce / oro e argento / son del cuore / al centro"), falsità, furbizia ("è l'intelligenza dei cretini"), invidia ("al bene altrui / scolora / e imbianca; / al male altrui / gongola e danza"), ambizione ("Furia dirompente / tzunami prorompente"): in questo ambito davvero "facit indignatio versum", e il risentimento morale attinge risultati cospicui di caratterizzazione ironica anche in virtù di un'aggettivazione sapida, concreta, vigorosamente connotante. A questo nuovo catalogo fanno contrasto la memoria dell'eredità spirituale dello zio Pietro Mignosi e la contemplazione di Gesù Crocifisso: "Nel dolore della mia anima / guardo a Te, Gesù Crocifisso, / ai chiodi conficcati nella tua carne: / la tua dolcezza e la tua tenerezza / dalla malvagità oltraggiate…". Una felice cadenza epigrammatica riveste alcune delle Meraviglie, come Tre cose: "Tre cose amo: / la natura / lo studio / e l'amicizia. / tre cose odio: /la furbizia / la gelosia / e la cupidigia ". Vi risuona, pure, ferma, la lode a Gesù che le ha dato tante cose belle: "Mi hai dato la fede / la famiglia gli allievi / i nipoti e l'Opus Dei…" Il paesaggio ispira, poi, lacerti lirici ricchi di colore e di vivacità, di religiosa ammirazione e di religiosa contemplazione della natura: "O mandorlo in fiore, / fonte di stupore / segno di candore". Nel guardare il mare con continuo godimento ella nota: "Forse è così / la vita eterna. / Si gode Dio / ma non è un godimento statico/ ma sempre in movimento e dinamico. / Come guardare il mare". E del tramonto dice: "Testimonia la delicatezza / dell'agire divino / che riesce velluto/ all'umano cammino". Così come, ammirando la bellezza del Creato, loda Gesù per tutte le cose belle: "Le hai fatte per chi Ti riconosce / e per chi non riconosce Te". Nel comparto successivo risuona con accenti semplici e teneri il ricordo di una "infanzia felice" identificata con Gibilmanna, e delle sue casette "graziose e accoglienti / …/ai colli e al mare". Ad esso si raccorda il desiderio, intriso di echi carducciani, di "chiudere gli occhi / pieni del verde / dei declinanti monti / sulla fresca vallata / di Angimbè". Non mancano le lodi del lavoro domestico, con l'originale accostamento ad esso del lavoro intellettuale ("…ho visto / coi miei occhi / uno scienziato / che cucinava / un filosofo / che al giardinaggio / si dava") che sfocia nell'arguta autodefinizione di "intellettuale casalinga". Nutrita di profonda spiritualità e insieme di amaro realismo è, nella serie Umanità, la lirica Famiglia: "luogo materiale / e spirituale in cui / si toccano insieme / le vette del cielo / e gli abissi dell'inferno". Risuonano ancora le variazioni sul tema dell'amore e degli affetti familiari più puri in varie altre liriche, come Abbraccio: "Il grande amore / umano terreno / è la porta / che spalanca / gli orizzonti del cielo". Parimenti delicate le liriche di Eventi, come quella dedicata ai "fidanzati dalla chioma d'argento", entrambi vedovi con figli. Ma ecco spuntare il comparto consacrato alla poesia. L'Autrice rievoca la genesi della sua prima lirica : si sentiva tutta presa da un fuoco, invasa da un fiume di parole in rima, finchè "venne giù di getto / improvvisa la poesia. Era questa la febbre: / ardore di poesia". Ma "poetare -conclude nel solco di Henri Bremond- è come pregare": è un dono, non si costruisce. Parimenti pervase da una profonda spiritualità sono le liriche che concludono la silloge. In ginocchio a pregare in Chiesa, vede sgorgare dal Crocifisso "una pioggia di gemme / pietre preziose / dai vari colori". Il senso delle cose, lirica ispirata dall'opera poetica di Tommaso Romano, , si eleva dalla contezza della labilità delle cose a una chiara professione di fede: "l'assolato paesaggio siciliano / la saldezza degli affetti familiari / la chiara infinità delle galassie / l'abisso del mare nei fondali; / tutto il creato mi parla di Te." E ne Le varie età configura la nostra vita "come una montagna" che impone un faticoso ascendere: "Ma su tutto veglia / la mano del signore / e se a Lui ci affidiamo / sereni e liberi / noi corriamo". L'Angelo Custode le pare esprimere "il volto materno" di Dio. E l'epilogo innalza con il vigore del reiterarsi dell'anafora, un canto d'amore a Dio: "Voglio cantare Te /…Voglio stare con Te/… voglio innalzare a Te / la mente e il cuore / voglio innalzarmi a Te / Dio dell'amore". Una conclusione, quindi, pienamente in chiave con le linee maestre della sua poetica, che rispecchia una salda spiritualità, atta a cogliere nel contingente il riverbero dell' Eterno, nemica di ogni infingimento, e come tale amica, nella scrittura, della chiarezza, della verità, della schiettezza, incurante del rischio di rasentare la prosa. Donde la "medietà" del tono, colloquiale, del discorso poetico, alieno, pertanto, da lenocini formali e dalla ricerca di parole auliche o preziose, immune dall'insidia del mimetismo rispetto ai paradigmi classici, come riluttante alla gabbia delle forme chiuse nel suo privilegiare il verso libero, per lo più di breve misura, che accoglie, qua e là, l'apporto musicale delle rime, talora baciate, talaltra lontane; e che si eleva solo per condannare il vizio o per esaltare l'Eterno. Un ductus che mi fa pensare all'Ariosto delle Satire o, quando digrada, a certe clausole delle liriche di Bartolo Cattafi e ad alcune cadenze del campano Antonio Pentella. Alla società di oggi, inquinata dall'ateismo pratico, incline ad emarginare Dio dalle sue istituzioni e dalla sua condotta, la Mignosi reca, dunque, una parola lucida e franca, di fervida spiritualità, un limpido messaggio di fede e di cristiana speranza.

Franco Trifuoggi

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