E' la cronaca di un viaggio realmente compiuto e in particolare di una deviazione.
L'autore, indiano, studente all'Università in America, in missione di ricerca in Cina, vuole passare a trovare la famiglia in India, a Delhi. Decide
di passare per il Tibet, per l'Himalaya, in autostop. insofferente delle asfissianti restrizioni che i cinesi impongono agli stranieri nei viaggi di
gruppo, prosegue da solo. Il libro non è da intendere come un invito alla trasgressione o alla noncuranza del pericolo, quanto come un esempio di
forza morale, di affermazione di libertà di fronte a tentativi di soffocamento, di intraprendenza. Vi traspare lo spirito della gioventù nei suoi
aspetti peculiari: la volontà di raggiungere l'obbiettivo, la tenacia di non indietreggiare di fronte agli ostacoli, la magnanimità. Ogni giovane
ha in fondo la sua Himalaya, il suo ideale da raggiungere, con le sue tappe da percorrere. Ancora c'è un aspetto che conferisce al libro un carattere
particolare, forse riconducibile alla disposizione mentale indiana: non è l'esigenza di evasione che spinge Seth al viaggio ma un senso di sacralità.
Lo attrae il mistero. Egli constata che indiani e cinesi, due popoli estranei e avversari per questioni di confine, soltanto nel Tibet avvertono profonda
fraternità e trovano in definitiva la pace.
Maria Elena Mignosi