La fine orripilante di un capo di stato dell'Africa settentrionale, di M. Gheddafi, capo della Libia.
L'autore, algerino, ma trasferitosi poi in Francia, che si cela sotto il nome della moglie, Yasmina Khadra, ne tratteggia la figura a cominciare dai suoi ambigui natali, per finire con l'uccisione da parte della sua gente insorta contro di lui, e sostenuta dalla coalizione occidentale.
Un uomo di origini nomadi, che ha conosciuto da piccolo la miseria e la carenza dell'affetto paterno, che, giovane, si è visto rifiutato dal padre della ragazza di cui si era innamorato, un uomo che queste vicissitudini hanno portato all'ambizione della rivalsa, puntando a divenire il capo della sua gente che egli unificò da varie tribù assurgendo a salvatore della patria, a fratello guida.
Commiserevole e generoso, ma anche suscettibile, caparbio e vendicativo fino alla crudeltà, pur nella sincera dedizione alla sua patria che portò al benessere e al decoro, però ebbe modo di constatarne il tradimento e la ribellione. Megalomane, ha vissuto tra il lusso e lo sfarzo, circondato da figli e concubine.
Ha sperimentato il difficile rapporto tra padrone e servi, cioè tra sottoposti e governanti, tra capo di stato e sudditi. Rapporto che oscilla nel capo tra benevolenza e cattiveria, tra fiducia e sospetto, tra amore e crudeltà. Troppo tardi si è accorto delle acclamazioni false e interessate dei sudditi, che da gente mercenaria, bada solo al proprio tornaconto, e in cui il trionfo tributato è solo adulazione e menzogna, foriera di tradimento.
La sua morte gli arrivò diversa da come se l'era immaginata, tra gli onori di un capo di stato, ma gli arrivò raccapricciante, a lui che aveva rifiutato l'accoglienza all'estero e per orgoglio preferì morire senza fuga, nella propria terra.
Groviglio di bene e di male, personalità in cui è difficile distinguere l'essenza dai condizionamenti dell'esistenza.
Con la sua orribile morte avrà scontato comunque tutte le sue colpe!
Maria Elena Mignosi